Quando si parla di videogiochi le prime immagini a cui pensiamo sono quelle di ragazzi giovani, svogliati e in sovrappeso; il classico nerd per intenderci. I pregiudizi e gli stereotipi legati al gaming, in sostanza, vengono molto prima di tutti gli altri aspetti legati al mondo dell’intrattenimento videoludico.
La realt? ? ben pi? complessa di come pu? sembrare a prima vista quindi l’articolo di oggi ? volto proprio a fare maggiore chiarezza su questo tema.
1. Disturbo SI – Disturbo NO.
Sebbene possa sembrare un spot per un referendum, in realt? ? esattemente quello che succede quando si parla di dipendenza da videogiochi nel mondo delle classificazioni nosografiche, ovvero quelle classificazioni da cui abitualmente ricaviamo le definizioni dei problemi.
Nell’ultima revisione dell’ International Statistical Classification of Diseases, l‘ICD 11, il game addiction ? inserito come disturbo a tutti gli effetti, copresi quindi i famosi criteri che ne definiscono la presenza o meno. Vediamoli:
- la preoccupazione, il soggetto ? nervoso se non pu? giocare;
- l?astinenza;
- l?assuefazione, cio? l?aumento della quantit? di tempo spesa a giocare;
- la difficolt? a staccarsi dal gioco;
- la rinuncia ad altre attivit?;
- continuare a giocare nonostante i problemi causati dal gioco, soprattutto nella sfera socio-affettiva;
- mentire sul tempo passato davanti allo schermo;
- giocare per scappare da emozioni negative;
- la perdita delle relazioni interpersonali e di opportunit? in ambito lavorativo.
Se prendiamo in considerazione l’ultima versione del manuale diagnostico internazionale per i disturbi mentali (DSM-V), al contrario, tale aspetto non pu? essere considerato un disturbo vero e proprio. Non sussistono le prove e i riscontri necessari per giungere a una tale conclusione, sebbene il fenomeno venga tenuto in considerazione e monitorato costantemente.
Il nodo da sciogliere riguarda principalmente il rapporto di causa/effetto tra il gaming e altre problematiche. Ho descritto questo aspetto anche nel precedente articolo sugli hikikomori (qui). Si rischia cio? di non saper distinguere se la dipendenza da gioco ? la causa (viene prima) del ritiro sociale o della depressione (ad esempio), o se questi ultimi aspetti favoriscano il game addiction.
Nelle Terapie Brevi si ? soliti uscire da questo schema, da questa logica molto lineare, per considerare innanzitutto ogni persona e ogni situazione come unica. Piuttosto che andare alla ricerca di criteri “universali” e approfondire il discorso sul problema, si predilige lavorare sugli obiettivi e su cosa la persona vuole effettivamente realizzare.
2. Ci sono anche aspetti positivi
Ebbene si. Pu? sembrare strano, sopratutto per noi che viviamo in Italia, ma vi sono parecchi elementi positivi legati all’utilizzo di videogiochi che, ricordiamolo, appartengono al mondo dell’intrattenimento.
Ho utilizzato il termine intrattenimento non a caso. Al giorno d’oggi infatti passiamo gran parte del nostro tempo libero, quindi “ci intratteniamo”, in modo passivo. Netflix, Amazon Prime Video, Rakuten TV hanno avuto un’impennata incredibile negli ultimi anni, proprio perch? possiamo usufruire di contenuti, che altrimenti non avremmo, semplicemente dal nostro divano, senza doverci recare necessariamente al cinema. Questi sono solamente alcuni esempi. I videogiochi, al contrario, necessitano di un coinvolgimento attivo della persona, spesso (se non sempre) esercitando funzioni come la coordinazione visuo-motoria, la memoria ecc.
Restendo sul tema possiamo prendere in considerazione anche tutte quelle app e videogiochi che propongono contenuti educativi, quindi un apprendimento attivo oltre che un’esperienza ludica. Parlo di titoli che, ad esempio, “aiutano” i bambini pi? picccoli nell’apprendimento dei colori, dei numeri, di lingue straniere e altro ancora.
Infine c’? l’aspetto sociale. Sebbene l’utilizzo di consolle, pc e tablet limiti gli incontri dal vivo, dall’altra si assisite ad un crescente sviluppo di videogiochi in rete dov’? necessario parlare e cooperare con altre persone e/o amici. In un periodo come il lockdown, quindi, le piattaforme di cui stiamo parlando hanno contribuito alle relazioni sociali, anzich? limitarle.
3. Il ruolo delle Terapie Brevi
Dai passaggi precedenti potreste avere l’impressione che io sottovaluti la “dipendenza” da videogiochi, o meglio evenutali problematiche legate all’eccessivo utilizzo degli stessi. In realt? non ? cos? e ora vedremo come poter chiudere il cerchio.
Ad oggi la stragrande maggioranza degli interventi rivolti ai “dipendenti” (a prescindere dalla loro dipendenza) si basa sul concetto unico che la persona sia malata e che vada per questo curata, possibilmente con percorsi lunghi e faticosi. L’unico obiettivo ? quello di eliminare completamente e permanentemente il problema: l’alcol, le sostanze, i videgiochi ecc.
Senza entrare nel merito delle altre problematiche e restando nell’ambito del game addiction possiamo affermare come sia quantomeno discutibile l’impostazione di cui vi ho appena parlato, ovvero quella del “videogiocatore malato”. Tuttavia capite bene come sia molto facile cadere nel tranello quando in un manuale statistico ? presente il termine dipendenza da videogioco, o quando l’opinione comune (sopratutto in Italia, vorrei ripeterlo) considera il videogiocatore come uno scansafatiche privo di idee e motivazione.
Attraverso le Terapie Brevi si adotta un punto di vista differente. Un punto di vista che non considera necessariamente la persona con un problema come una persona malata, ma al contrario un individuo con risorse e capacit?. Questo, insieme agli altri aspetti positivi citati nell’articolo (che ci danno uno sguardo pi? completo sul mondo dei videogiochi), costituiscono le basi per un intervento di Terapia Breve rivolto a quelle persone che vorrebbero effettivamente staccarsi, ridurre, contenere il loro utilizzo di consolle e pc.
Dott. Pier Paolo D?Alia
Psicologo Psicoterapeuta
Terapie Brevi